Questa è l’acqua. Recensione del racconto “Solomon Silverfish” di David Foster Wallace.

Credo che la confusione definisca l’andamento della nostra vita molto più di quanto non riescano a fare le certezze. Quando ho letto il primo racconto della raccolta di Questa è l’acqua di David Foster Wallace, che mi è stata prestata e che non restituirò mai perché sono Pennamalefica pur sempre per un motivo, tuttavia, ho percepito di aver acquisito una certezza per me determinate. 

Nel film Midnight in Paris di Woody Allen il personaggio di Hemingway pronuncia una battuta memorabile: “Hai mai fatto l'amore con una vera meraviglia di donna? […] E quando fai l'amore con lei, senti una vera e bellissima passione che almeno per quel momento dimentichi la paura della morte? […] Io penso che l'amore vero, autentico, crei una tregua dalla morte; la vigliaccheria deriva dal non amare o dall'amare male, che è la stessa cosa, e quando un uomo vero e coraggioso guarda la morte dritta in faccia come certi cacciatori di rinoceronti o come Belmonte che è davvero coraggioso, è perché ama con sufficiente passione da fugare la morte dalla sua mente, finché lei non ritorna, come fa con tutti. E allora bisogna di nuovo far bene l'amore. Devi pensarci.

Vidi Midnight in Paris per caso, la notte del mio diciottesimo compleanno a mezzanotte, come se quella macchina del tempo fosse passata per quell’incrocio di Parigi per prendere me, ma ero più affascinata dal conoscere uno dei miei autori preferiti da essermi persa il senso profondo delle sue parole, un po’ come lo sciocco protagonista. L’amore crea una tregua dalla morte, è vero. È così vero che gli autori lo ripetono sin dalla notte dei tempi: Ovidio, Dante, Manzoni ce lo ricordano, ma noi non li leggiamo veramente, forse perché ci pesa troppo l’idea di non riuscire ad amare veramente e con coraggio, di non riuscire a sentire quella tregua che invece quegli autori immensi sono riusciti a descrivere. Non siamo abbastanza coraggiosi da amare in modo autentico e ci rifugiamo in categorie, schemi che ripercorrono il rapporto che avevamo con i genitori, profezie che si auto-avverano, fughe spericolate da ogni rischio di manifestare la nostra fragilità e così per noi non ci saranno un’Euridice o un Orfeo, non ci sarà una Beatrice. Traduciamo l’amore con il possesso e non fuggiamo mai dalla morte, nemmeno per un secondo. 

L’idea di identificare l’amore con il possesso ha certamente una componente biologica (l’istinto alla preservazione del DNA paterno nella prole ha delle fondamenta evolutive ad esempio), ma ritengo che l’industrializzazione ed il consumismo smodato abbiano avuto un ruolo determinante nell’ esasperazione del concetto: non si tratta più solamente di possedere -che priva l’amore del suo significato profondo di dare e darsi- ma si tratta di possedere DI PIÙ, DI MEGLIO. Si ha quindi non solo una manifestazione affettiva di tipo spiccatamente opportunistico, ma si assiste addirittura ad un continuo ricambio dell’oggetto delle nostre attenzioni. Basta uno swipe a sinistra o a destra.

In tutto questo caos, i romantici come me soffrono più di tutti. I romantici amano Ovidio, Dante e Manzoni e si trovano a confrontarsi con l’impossibilità di concretizzare (o di vedere concretizzarsi nelle storie di altri) quelle parole d’amore. Spesso non si ritrovano parole d’amore neanche nei libri, che vengono scritti da autori che non sanno amare e quindi non sanno scrivere d’amore. Io mi sento fortunata, però, perché ne ho scovato uno che ha descritto un amore autentico e mi ha aiutata a fugare la paura della morte, anche solo per poco. 

David Foster Wallace ha scritto la storia d’amore tra Solomon e Sophie Silverfish. Dopo 32 anni di amore vero, puro e totalizzante, Sophie si ammala e Solomon (che è un Avvocato risoluto e burbero) deve confrontarsi con la malattia della moglie. Lo fa giocando con lei, scherzando così come l’ha conquistata, restituendole la dignità di una persona sana di cui un altro (non il suo Amore) l’avrebbe privata. Lei lo ripaga con una cieca e totale fiducia, non mette in dubbio l’amore del marito nemmeno per un secondo, e non si sbaglia. Ballano sulle tombe, si amano follemente fino all’ultimo, anche se lei non ha i capelli per la malattia e lui gira con un riporto imbarazzante perché è pur sempre un Avvocato. 

Questo racconto mi ha aperto gli occhi (ed è la grande eccezione alla regola della confusione che fa crescere) su due incredibili verità: la prima, il desiderio di costruire un rapporto simile nel mio futuro, la seconda, la consapevolezza di quanto questa impresa sia incredibilmente ardua. Solomon e Sophie si amano così tanto che ti insegnano ad amare e ti fanno sentire piccolo per non esserci mai riuscito. È che siamo così presi dalla fretta di possedere che ci scordiamo di osservare il respiro di chi ci sta accanto, di tuffarci occhi negli occhi in un pomeriggio di primavera. Non siamo in grado di fugare la morte perché non molliamo la lotta per il potere, se non per brevi istanti. A me questo libro ha donato il desiderio di prolungare quegli istanti, e sono certa che sarà così anche per te. Così, questa sera, se sei accanto a una meraviglia di donna o a uno spettacolo di uomo, fuga la morte, ma facci caso.

Qui una citazione dal testo:





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E tanti saluti a quegli stupidi colori pastello!