La Mazzantini è come l’uvetta nel panettone, come Picasso, come il PD: c’è chi la ama e chi la odia, o chi semplicemente “non la capisce”. Io, ad esempio, l’utilità del panettone ma senza l’uvetta proprio “non la capisco” e nemmeno capisco la Mazzantini. Lo stile è conciso, il lessico schietto, la sintassi ha qualche problema di connessione e forse gira ancora in 3G: ci sono proposizioni interrotte a metà o mai iniziate, barlumi di pensieri (tristi) in singhiozzi di frasi. Penso a Nessuno si salva da solo in cui scrive “E le torna quella volta. Stavano facendo l’amore, lui sembrava tenerla con tutto se stesso. Poi il suo cellulare aveva squillato.” Normalmente questo tipo di scrittura piace alla gente, che impazzisce per questo stile colloquiale da poeta da stand-up, soprattutto quando la storia è triste (perché le storie tristi piacciono a tutti, ed è per questo che vendono) ma la gente toglie l’uvetta dal panettone e vota Di Maio ed io la Mazzantini non la capisco.