E' tempo di abbandonare la clava!


Come spesso si ripete credo che la letteratura sia specchio della società, il giusto riflesso delle sue evoluzioni e contraddizioni. Con questo articolo ho intenzione di analizzare (cadendo forse nella banalità) l'evoluzione della figura della donna dall'antica Grecia ad oggi, per rendere omaggio alle donne più amate e controverse della lettura: donne creatrici, donne libere, donne folli e disperate, donne amate.



V secolo a.c. - Antigone, Sofocle. 

Antigone: Non sono nata per condividere l'odio, ma l'amore.

Creonte: E allora, se devi amare, va' sotto terra e ama quelli di là; a me, finché vivo, non comanderà una donna. 



Antigone è rivoluzionaria: per difendere la legge degli dèi disobbedisce agli ordini di suo zio Creonte, il Re di Tebe che in quanto rappresentante della contrapposta legge degli uomini aveva vietato di dare sepoltura al fratello di Antigone Polinice, considerato traditore per essersi scontrato con Eteocle, il fratello difensore della città. Antigone è colpevole di aver disobbedito agli ordini regi e merita la morte soprattutto perché donna: nella mentalità ateniese del V secolo a cui Sofocle fa riferimento la donna è merce di scambio, considerata quasi al pari di un oggetto, non può quindi assumere posizioni contrastanti rispetto a quelle maschili a cui è subordinata. La sua irremovibilità (qualità che le fa assumere connotati maschili nel quadro sociale del tempo) porterà Antigone alla morte in totale isolamento e solitudine.


1600-1602 - Amleto, Shakespeare


Ofelia: Per Gesù e per la Santa Carità

            Ahi che rossore!

            Se la fanciulla vuole,

            Il giovane ci sta, 

            E addio verginità

            Addio pudore.

            Prima ch'io mi giacessi 

            Con te, giurato avevi 

            Lei dice, il matrimonio,

            E' vero, sul demonio,

            E ti sposavo, sì,

            Se tu con me così

            Non ti giacevi 

            Lui dice.


Ofelia è distrutta: un Amleto folle e disperato che sembra non corrispondere il suo amore, una probabile gravidanza (non dichiarata esplicitamente nella tragedia) prima del matrimonio, una promessa infranta e la morte di suo padre per mano di Amleto stesso la condurranno al suicidio. Ofelia è un giocattolo nelle mani di Amleto, che le promette di sposarla ma la disonora con quella che, agli occhi del tempo, era considerata la più ripugnante delle umiliazioni: perdere la verginità prima delle nozze era infatti un grande disonore per la famiglia della sventurata, che una volta persa la sua "purezza" aveva perso tutto. Siamo davanti al ritratto di una donna cui è impossibile amare completamente senza perdere la propria dignità umana, ad anni luce di distanza dall'uomo che, nonostante se ne faccia beffa, è padrone del proprio corpo e anche di quello della donna stessa. L'atto sessuale è un tabù per la donna, che deve essere figlia, sorella, moglie e solo in seguito madre, che viene definita attraverso questi ruoli e non attraverso i propri sentimenti.


1813  - Orgoglio e pregiudizio, Austen


Jane: Non possiamo aspettarci che un uomo giovane e pieno di vita sia sempre cauto e circospetto. Spesso non è che la nostra vanità a illuderci. Le donne si immaginano che l'ammirazione significhi più di ciò che è.



Con il personaggio di Elizabeth, protagonista del romanzo Orgoglio e pregiudizio, Jane Austen manifesta la necessità di rappresentare nel carattere di un personaggio femminile lo stesso dinamismo, la stessa vivacità intellettuale e la stessa cultura un tempo considerata proprietà esclusiva dei personaggi maschili. La protagonista si discosta dunque dall'immaginario comune della donna frivola, superficiale, opportunista e arrampicatrice sociale rappresentato dalla stessa Austen con grande critica nei confronti del suo stesso sesso. A paragone con un' Elizabeth arguta ed orgogliosa ci sono una sorella maggiore, Jane, bellissima e dolcissima ma decisamente subordinata al parere di... chiunque, tre sorelle minori di cui due civette insopportabilmente e sfacciatamente sciocche, Lydia e Kitty, ed una moralista dall'estenuante pallore emotivo dotata di un' approfondita conoscenza di nozioni fini a se stesse non sorrette da alcun tipo di vera intelligenza, Mary. L'unico personaggio femminile altrettanto degno di rilievo è la rivale in amore di Elizabeth, Caroline Bingley, ricca snob che critica aspramente le sorelle Bennett e la loro madre, ma che nasconde dietro più raffinati strumenti di civetteria retorica la stessa ambizione di sposarsi con un uomo benestante in grado di assecondare ogni suo capriccio. Risulta estremamente semplice, all'interno del quadro dipinto dall'autrice, provare simpatia per l'unico personaggio femminile che non sia ossessionato dalla smania di irretire un uomo ma caratterizzato, allo stesso tempo, da un forte senso critico rispetto alle altre rappresentanti del suo genere: Elizabeth sembra giudicare le donne più aspramente di qualsiasi altro personaggio maschile, Mr Darcy compreso. In questo tipo di società la donna è rispettabile solo se sposata e lo scopo principale della sua vita è il matrimonio, le "zitelle" sono compatite.

2001  - Il diario di Bridget Jones (film tratto dall'omonimo romanzo di Helen Fielding).


Darcy: Non aspiro a una zitella che fuma come un camino, beve come un pesce e si veste come sua madre.


Nella commedia, basata sul romanzo Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen sopra citato, Bridget Jones rappresenta la donna contemporanea che del parere della società se ne infischia: forse, però, dal V secolo a.C. ad oggi è la società a non essere cambiata, la stessa società che giudicava le donne un tempo continua a giudicarle ora, in maniera nettamente differente rispetto alla maniera in cui giudica gli uomini. Nel ventunesimo secolo non si può ancora essere single senza essere"zitelle", sessualmente emancipate senza essere "poco di buono", ragazze-madri senza essere "figlie di cui vergognarsi". Siamo condannate ad etichette tutte in negativo, sintomi di una società profondamente maschilista e patriarcale, che poco si discosta da quella di più di due millenni fa. Ecco la mia teoria sull'evoluzione della figura della donna agli occhi della società: l'evoluzione è inesistente. Cambia la donna, che dalla completa sottomissione assume consapevolezza e libertà, ma non la base ideologica su cui si erge il contesto sociale in cui la donna tenta di affermarsi (tentativo che prende forza soprattutto in seguito all'inserimento della donna nel mercato del lavoro durante le due guerre mondiali). 

La solitudine e l'isolamento sembrano caratterizzare tutte le nostre eroine: solo facendo in modo che questi due fattori cessino di esistere è possibile azionare un vero cambiamento e finalmente evolverci. E' tempo di civilizzarci davvero, di abbandonare la clava e porre un masso all'entrata della grotta, è tempo di parità ed equità non solo formale ma anche sostanziale. E' da noi donne che deve partire questo cambiamento, dobbiamo smettere di giudicarci a vicenda e soprattutto di giudicare noi stesse secondo gli standard tipizzati di questo diffuso pensiero del neolitico. E' il momento adatto per tornare tutte suffragette!



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