Mi sono inventata un gioco su Instagram: voi mi mandate tre parole, io creo per voi dei racconti personalizzati per tenervi compagnia durante la quarantena. Ecco il sesto, per Riccardo.

Tom era riuscito a prendersi un giorno libero dopo più di tre mesi di lavoro nel pub che lo aveva assunto. Sottopagato, sfruttato e veloce ad apprendere, come la maggior parte dei ventenni di questo secolo, era riuscito a farsi benvolere da tutti al pub e la faccia italiana gli aveva procurato un discreto successo tra le ragazze del posto. Il piccolo paradiso di Port Douglas era perfetto per le immersioni e Tom aveva deciso di trasferirsi in Australia per fare fortuna e godere delle bellezze naturali del luogo. Mentre percorreva la costa sulla Jeep che aveva noleggiato, pensava di aver fatto la scelta giusta. Si fermò in un punto dal quale era possibile ammirare l’acqua cristallina in tutto il suo splendore ma anche fotografare le alture dell’entroterra e inviò una foto ai suoi amici lontani, scrivendo in didascalia “alla faccia di chi lavora”.
La verità è che aveva nostalgia del piccolo paesino della Sardegna da cui proveniva e gli mancavano il ritmo dell’accento del posto, il pane Carasau e il pecorino, il mirto e i piatti di buon augurio rotti ai matrimoni. Non sentiva la mancanza dell’assenza di prospettive, della chiusura della sua gente nei confronti delle novità e della flemma che caratterizzava gli abitanti della sua isola natia, che governava sul mare immobile ed incurante del resto del mondo, che accettava il turismo ma non supplicava per averlo. Un ragazzo di vent’anni che viveva solo non poteva accontentarsi della quiete, aveva bisogno di frenesia, di qualche avventura. Aveva soprattutto bisogno di dimostrare a se stesso di poter intraprendere un viaggio di sola andata verso una nuova vita, verso un’isola più grande. Nelle sue vene scorreva la necessità di essere circondato del mare, perché chi vive con il mare, chi respira il mare da quando è nato, ha nel sangue e nella pelle il marchio della libertà e non può confinarsi, non può scegliere di guardare gli orizzonti finiti del continente. Chi guarda verso il mare ha solo orizzonti infiniti e non vuole saperne di rinunciare alla salsedine.
Con la muta sulla pelle e le pinne sotto il braccio, Tom raggiunse il suo istruttore, che aveva preparato per lui un tour della barriera corallina. Una volta in acqua, i pensieri di Tom persero i contorni, come stinti dal mare. Non aveva mai visto così tanta bellezza, così tanta pace e limpidezza. Il pesce pagliaccio vive nell’anemone, che lo protegge e in cambio le procura il cibo: nella barriera corallina ognuno ha un ruolo e ogni dinamica un senso ma l’ordine e la quiete della natura incontaminata che Tom stava osservando dalla sua mascherina, non stridevano con la sua anima di ragazzo ma la accarezzavano dolcemente e gli davano finalmente la sensazione di essere a casa, a quindicimila chilometri dall’Italia.

Questo racconto è per te Ricky, amico mio: hai più interessi tu di quanti ne avesse Walt Disney.

Carlotta Di Cretico.

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