Mon coeur me dit - recensione di Antigone (il film).

Antigone, film del 2019 tratto da una storia vera e scritto e diretto da Sophie Deraspe si è fatto attendere, approdando nelle sale italiane solo nel 2021. Il film si basa, richiamando continuamente l'omonima tragedia greca di Sofocle, sulle vicende che nel 2008 hanno coinvolto la famiglia Villanueva in un vero e proprio ciclone mediatico dal momento della morte di Fredy Villanueva (giovane promessa del calcio ingiustamente freddato dalla polizia nel 2008 e che è rapppresentato nel film dal personaggio di Eteocle), che ha portato a diverse manifestazioni nel Québec.
Da questo momento ha inizio l'azione nella nostra trama: la protagonista Antigone prenderà il posto in carcere del fratello Polinice, arrestato per aver reagito contro il poliziotto colpevole di aver freddato Eteocle, sacrificandosi per lui. In questa scelta si evince il parallelismo rispetto all'opera di Sofocle: Antigone rappresenta l'incondizionata giustizia morale che si scontra contro l'ordine costituito e questo si riflette perfettamente nella discussione della protagonista con sua sorella Isméne, che al contrario desidera una "vita normale", specchio di quello stesso ordine regolato dalle "leggi umane", che Antigone non accettta per il legame ultraterreno che sente con i suoi cari defunti. L'amore di Antigone per i suoi fratelli, che è incondizionato anche a fronte della scoperta dei crimini commessi dai due, si scontra così con la razionale accettazione di Isméne del proprio destino che, se nell'opera di Sofocle rappresenta il polo femminile che si scontra con il maschile desiderio di azione di Antigone, in questa rivisitazione perde il connotato del parallelismo femminilità-rassegnazione che è stato letto nella tragedia greca. La Deraspe ci regala così una nuova visione della protagonista, che non si limita a definire Antigone come donna che non rispetta i dettami della società, ma come individuo rappresentativo di una giustizia morale (davvero) in grado di mettere in dubbio quella costituita e civile: da qui la scelta di non creare un antagonista maschile per Antigone, di non richiamare il personaggio di Creonte. Il genere non è dunque così importante: importanti sono le azioni, sono le scelte.
Parallelamente alle sorelle, anche i fratelli (proprio come nella tragedia di Sofocle) vivono un conflitto: il morto Eteocle diviene un eroe, un simbolo, un martire. Viceversa, quello che nella rivisitazione resta in vita, Polinice, si trova a vivere una morte simbolica, è un emarginato, un dimenticato, si definisce "un buono a nulla", si ritiene destinato all'oblio. Dimenticato, insomma, due volte: la prima volta quando vive nell'ombra di Eteocle come simbolo di ciò che avrebbe voluto per sé (il riscatto dall'ingiustizia della miseria attraverso il comune riconoscimento del valore della vita), la seconda volta quando l'eroica sorella diviene simbolo della giustizia che non è stato in grado di onorare. Polinice vivrà nell'obra e non riuscirà a riscattarsi.
Con chi empatizzare, dunque? In una completa comprensione e compassione verso la moderna Antigone che afferma di essersi sacrificata perché "glielo dice il cuore", opponendosi alle greche e antiche parole di Ismene caratterizzate da una meravigliosa figura ossimorica ("Hai un cuore ardente per cose che raggelano"), non possiamo che apprezzare la meravigliosa opera di questa regista e fotografa magistrale. Un film non solo consigliato, quasi d'obbligo.

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